Ines del traghetto

  inesPiazza Editore 2012

Edizione AMZ 1974                                               Edizione DE AGOSTINI  1975 (coll. Scol.)

Premio Europeo di Letteratura giovanile “Provincia di Trento”, 1973                                 Segnalazione  Premio Monza  1975      Segnalazione Premio Lunigiana   1975

                                                       

Ines, giovane barcaiola del Piave, appartiene a una famiglia di fiumaioli,  che vivono in una casa di sassi, costruita nelle Grave del fiume. Insieme a sua madre ha il compito di traghettare con una barca, da una sponda all’altra,gli abitanti del luogo, in maggioranza agricoltori. Sarà il progetto di un ponte, in luogo del traghetto, a creare inquietudine e incertezza nell’anima della adolescente,che sente minacciato il suo mondo, dove vive in armonia con l’ambiente naturale.

Con la disperazione di un animale selvatico, cacciato dal suo regno,Ines si oppone alla realizzazione del progetto e pone in atto una pericolosa impresa notturna per impedirlo. Non riuscirà però a fermare il corso inevitabile delle cose e dei cambiamenti ,che porteranno il ponte nelle Grave , scomponendo il mondo della barcaiola.

Rimane però l’immagine forte di lei che si lancia nella nuvola bianca di polvere e calcinacci dei vecchi muri cadenti sotto i colpi delle ruspe, per riapparire , superstite al crollo, quale presagio di rinascita, a indicare “il passaggio da una dimensione artigianale e adolescenziale dell’esistenza ad una condizione più matura e realistica del presente.

RECENSIONI

Pino Boero

Piazza Editore – I noni

Ines, primogenita di una famiglia di fiumaioli, attaccata alla
sua terra e an cor più al suo fiume, il Piave su cui lavora
traghettando gente da una spon da all’altra, quando apprende
che sul fiume sarà gettato un ponte che le to glierà il lavoro fa di
tutto per impedir ne la costruzione.
È la storia di una adolescente un poco selvaggia e introversa che
vive in un mondo racchiuso tra le sponde di un fiume e la casa
che sorge sugli argini. Quando le toccherà uscire da questi
confini, l’impatto con la città ed ancor più il contatto con
l’inarresta bile progresso, che annulla vecchie for me di vita e
rende inutili antichi me stieri, mettono in moto un processo di
rinnovamento che, dopo una ribellione iniziale, costringerà Ines
a ridimensio nare la visione del mondo che la cir conda e a
maturare attraverso espe rienze drammatiche e dolorose.
Ines è l’esempio emblematico di co me il progresso riesca a
sradicare ra dici che da secoli si sono affondate nel cuore della
terra e di quanto sia peno so e difficile trapiantarle altrove in un
humus adatto ad iniziare una nuova vita.
Suggestive risultano le illustrazioni di Ronco per quell’insistere
in modo ossessionante sugli occhi e sulle mani della
protagonista, due particolari che nell’intenzione dell’illustratore
stanno forse a dimostrare paura e desiderio di respingere un
mondo nuovo o forse la curiosità e il desiderio di trovare un
appoggio in un mondo sconosciuto, nel quale si cerca di
incontrare una mano amica.
Questa è la scheda che Marino Cassini, indimenticabile
bibliotecario della “De Amici” di Genova, dedicava nel 1976
a Ines del traghetto (“Il Minuzzolo” rivista del Centro Studi di
Letteratura giovanile del Comune di Genova, n. 2, aprilegiugno
1976), la riprendo oggi dopo aver ricevuto dalla scrittrice una
recente (2012) riedizione del romanzo accompagnata dagli altri
due testi editi rispettivamente nel 2012 e nel 2014; era da tempo
che non avevo notizie di Alessandra Jesi Soligoni e mi fa piacere
averla ritrovata con un romanzo che ha segnato un punto
importante nella storia del libro per ragazzi; nel 1960 un altro
scrittore importante allora agli esordi, Giuseppe Bufalari, aveva
pubblicato La masseria racconto autobiografico dell’impatto
dello scrittore fiorentino, insegnante e assistente sociale, con la
società arcaica lucana destinata a sparire sotto i colpi della
modernizzazione e Jesi Soligoni si inseriva in quel solco con un
tratto umanissimo e una capacità di comprensione della giovane
protagonista davvero profonda. Ritroviamo la stessa capacità di
analisi, questa volta di una famiglia sola nella grande città,
in Centauro di carta e il dolore che traspira da pagine intense
diventa, ad un tempo, dolore esistenziale di tutti e motivo di
riflessione sui troppo frettolosi giudizi cui la “dinamica” società
contemporanea ci obbliga. Malinconica potrebbe essere anche la
favola bilingue (italianoinglese)
di La mascherina
dimenticata se il lieto fine di una magica, coloratissima festa
veneziana (suggestive le illustrazioni di Paola Senesi) non
venisse a sottrarla da un triste destino. Grazie, Jesi Soligoni, per
aver continuato a lavorare in questi anni con coerenza di stile,
lontana dall’effimero di tanta letteratura “di superficie”.

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Francesco Langella

GLI ARGOMENTI N°3 anno XXIII- maggio-giugno 1987

Questo romanzo di Alessandra Jesi Soligoni, uscito per la prima volta nel 1974 per i tipi della AMZ e ora edito dalla De Agostini, narra delle alterne vicende di una giovane barcaiola del Piave. Ha ragione il critico Carlo della Corte, quando scrive:”L’assunto non vano, il non disperdere la narrazione in una serie di avventure gratuite, animandole invece con la presenza di un concreto problema sociale, di cui è giusto dare ragione anche ai ragazzi sensibilizzandoli ad esso, fanno dei romanzi della Jesi Soligoni un momento interessante e vivo di ricerca..”.

La struttura narrativa è ricca di spunti e tratteggi psicologici e definisce emblematicamente, attraverso lo stile di vita della protagonista, il suo passare dall’infanzia all’adolescenza. La Jesi Soligoni svolge con la sua consueta delicatezza l’approfondimento personologico dei protagonisti della vicenda, cogliendo con finezza stilistica quei bisogni essenziali “di semplicità e di armonia connaturati all’essere umano, di cui l’infanzia è l’espressione più fedele”.

Ines vive in una modesta cada situata sul gretto del fiume. La protagonista insieme a sua madre ha il compito di traghettare con una barca, da una sponda all’altra, gli abitanti del luogo.

E sarà il progetto di un ponte nella Grave a creare inquietudine ed incertezza nella sua anima. Con la difesa del suo traghetto Ines attesta un legame viscerale con il suo mondo rurale, dai sentimenti e dalle radici forti.

È un mondo destinato all’estinzione il suo, contraddistinto da un paesaggio umano e ambientale legato al fiume e alle sue immutabili leggi.

F. Langella

Tullio Bressan

Riparlare ancora oggi del romanzo per ragazzi “Ines del traghetto” che fu premiato e pubblicato più volte, come gli altri lavori della Jesi Soligoni, potrebbe sembrare ozioso, ma non lo è affatto, per alcune considerazioni che emergono da tali pubblicazioni di valore decisamente superiore.

La Jesi Soligoni, a quasi 15 anni di distanza dalla sua prima apparizione nel panorama della letteratura giovanile, non è ancora debitamente conosciuta, apprezzata e valutata quanto sarebbe potuto essere nel campo della letteratura per adulti.

Perché? È un’ amara considerazione che rivela quanto la letteratura giovanile sia molto più difficile di quella non specifica, e quanto più dura sia l’affermazione di un autore.

“Ines del traghetto” è un’opera in cui si nota la dolcezza della mano femminile, la quale nel realismo antropologico del racconto, innestato nella terra padana, con le sue situazioni agreste tradizionali, traccia il racconto con limpidezza stilistica tanto a lei congenita da apparire naturale e limpida come le acque del fiume.

L’episodio del cane Mosè, l’immagine mitica di Gigia, la vendemmia ed altre sequenze, ma soprattutto l’episodio della casa abbattuta, sembrano emergere da secoli di cultura contadina solennizzata da una bacchetta magica di delicatissima leggerezza poetica, sia lessicale che sintattica e semantica.

Forse non tutti possono godere queste misteriose risorgive poetiche, ma ai ragazzi sono persuaso che non saranno affatto sfuggite, perché l’etica cristiana primitiva si sveglia in noi tutti come per ricordarci l’eterno incanto della vita umana che nel sentimento più profondo ricerca e trova le leggi dell’esistenza comune.

Ines, che si lancia nella nuvola bianca di polvere e di calcinacci dei vecchi muri cadenti, e ne esce come redenta dalla mano di un dio agreste per cercare una nuova vita, è un’immagine così incantevole, che avvicina il romanzo alle altezze più pure di tutta la letteratura giovanile, e dolorosamente fa pensare a cosa e a quanto mai ci vorrebbe per valorizzare questa sinistra forma estetica non adeguatamente riconosciuta né dagli stessi ragazzi, né dai genitori docenti e critici letterari.

Tullio Bressan