Memoria negli alberi di Ugo Foscolo

MEMORIA NEGLI ALBERI DI UGO FOSCOLO

Gianni Sartori Editore – 2017

8489146_3007439

Due sono i protagonisti del racconto: l’albero e la poesia. Un’opera che rende onore a un patrimonio storico, culturale e ambientale del nostro territorio, consegnata nelle mani dei ragazzi che diventeranno i traghettatori del passato nel futuro.

 

 

 

 

 

 

 

RECENSIONI

Pino Boero – Dicembre 2017

25399057_10212918504415640_7594282620589995696_n

 

 

Luciana Grillo, L’Adigetto – Gennaio 2018

Alessandra Jesi Soligoni, «Memoria negli alberi di Ugo Foscolo» – Un prezioso e piccolo libro magnificamente illustrato da Simona Maltagliati

Alessandra Jesi Soligoni stupisce sempre i suoi lettori e le sue lettrici perché si rivolge, con lo stesso garbo e la stessa raffinatezza, sia ai giovani che ai meno giovani, a partire dal 1973.
Sempre manifesta uno straordinario amore per la natura, per il «suo» fiume – il Piave – che ha continuato a raccontare nel corso degli anni e per il mondo vegetale, soprattutto gli alberi dei quali conosce la forza e ai quali riesce a dare voce e sentimenti.
Accade anche nel suo ultimo lavoro, un prezioso e piccolo libro, «Memoria negli alberi di Ugo Foscolo», magnificamente illustrato da Simona Maltagliati, fin dalla delicata copertina.

Tutto parte dalla casa dell’autrice che si affaccia sul parco di Villa Albrizzi Franchetti, una volta abitata da Isabella che vi invitava intellettuali ed artisti, «aprendo il cenacolo letterario ai molti amici».
Nel 1806, fra gli altri ospiti, apparve Ugo Foscolo che, proprio lì, all’ombra di alberi ricchi di anni e di storie, concepì la sua opera maggiore, il Carme dei Sepolcri.
La nostra autrice ha dato voce agli alberi: «quasi per un diritto di nascita, i primi a raccontare sono gli alberi più vetusti del parco, che nei cerchi concentrici del tronco hanno iscritto date e volti, storie di generazioni di uomini che li hanno piantati, curati, amati, protetti».

Dunque, eccoli, questi monumentali testimoni del tempo, come il Cedro Deodora, al cui tronco nodoso si appoggiò «un giovane poeta… la figura esile, il volto scarno, la capigliatura scomposta…», come il carpino bianco, «uno dei pochi sopravvissuti ai tagli indiscriminati compiuti dall’uomo», come il grande Cedro dell’Atlante, «raro esemplare portato da terre lontane».
Lo stesso Foscolo lo ricorda, in una lettera ad Isabella: «Io vi prego di passare talvolta anche per quell’altro viale e di cercare ombra all’arbore che ci raccolse mercoledì scorso e di nominare l’amico vostro in quel luogo».

Ma è il Cedro Deodora che ricorda di averlo visto «oltrepassare il grande cancello, trascinato dal demone della scrittura» e di aver sentito, per primo, i primi versi del suo capolavoro:
All’ombra dei cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?

Il testo è completato da un’accurata bibliografia e dalla trascrizione della legge regionale 9 agosto 2002 (Regione Veneto) che definisce le caratteristiche degli alberi monumentali e li elenca.

Luciana Grillo

Link